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venerdì 7 ottobre 2011

Per Nina




 nina ha detto...
Ciao Rosy
aggiungo la mia voce a quelle di apprezzamento, ammmirazione e rispetto che emerge dai commenti precedenti.
Molto interessante il tuo percorso interiore e sicuramente positivo per te.
Il rovello che ci fa scavare, indagare dentro noi stessi molto spesso fa male ed è per "legittima difesa" che a volte restiamo in superfice, navigando a vista e sospendendo il giudizio... Trovo molto interessante confrontarmi con il tuo pensiero, vorrei capire meglio qual'è stato il tuo approdo... io sono ancora in alto mare!
Un abbraccio
Nina.


Cara Nina, come promesso ti rispondo con un post al tuo commento. Un post  un po' lunghetto  ma più corto mi  e stato impossibile farlo.


Ho passato tanti anni a capire...per capire ho dovuto fare un viaggio a ritroso nel tempo. Ti sembrerà strano fu in collegio  Nina che trovai il mio approdo ma altri approdi mi aspettavano...

Ma con gli anni gira e rigira ho capito che nel collegio   la mia piccola anima cominciò  a formarsi e tutto all'insaputa mia. ero troppo piccola per capire.


Avevo 15 anni quando scappai da questo inferno che tanto mi ha tolto ma poi  tanto mi ha dato...camminai in questo inferno puntando su me stessa e no su quell'ordine e disciplina che il collegio voleva impormi.Vissi da ribelle ma libera e qui dentro imparai a non accettare nessun compromesso, imparai la solidarietà, imparai la lealtà, imparai   ad accettare la realtà per quella che era. 


 Ma c'erano giorni che il mio piccolo cuore si spaccava in due  e dunque, per  cercare l'assenza di sofferenza, dovevo per forza avere pensieri nuovi. Si trattava  di certo d'intuizioni di una bambina che all'epoca non capivo neppure. Cominciai a raccogliermi in me e mi piaceva, con la fantasia e il silenzio iniziai a varcare confini nuovi e belli che si aprivano solo per me.
Da grande capì che se stavo così bene in compagnia di una me stessa sorridente, allora potevo stare sempre bene e diventai una brava osservatrice di me stessa e di tutto quello che mi circondava. Imparai ad osservare  la realtà  ma non solo la mia 
quella della vita che ci accomuna e i miei  dolori si dissolvevano.


Da grande  intorno alla mia anima misi dei paletti ma soltanto per proteggerla
Lei, era solo mia e nessuna scorrettezza del mondo doveva sporcarmela.
A modo mio così facendo ho dato scacco matto alla vita. Imparai a camminare su due sentieri diversi, quello spirituale dal quale traevo la forza di sperare e quello necessario per vivere nella società,ma sia nell'uno che nell'altro ho cercato sempre di dare di me una sola risposta che potesse rendere migliori i due percorsi. 


La vita è un cammino affascinante, anche il dolore ha la sua bellezza, basta non aver paura di lui, tanto  non ci può danneggiare più di tanto.
Imparai ad amare la luce delle stelle  a sognare un mondo migliore.

Entrata in collegio.


Entrai in collegio di domenica  pomeriggio  mi accolsero la madre superiora e altre  suore.  Mi  resi conto  di questa nuova realtà  quando mi girai  e vidi mia madre che se ne andava in silenzio e di nascosto,  in  quell'attimo provai un dolore  che mi ha  accompagnato  per tutta la vita. Il dolore dell’abbandono.

 Passai tutto il pomeriggio seduta sulle scale,  non volevo salire di sopra mi tenevo attaccata al mio piccolo bagaglio convinta che fino a quando l'avessi stretto a me potevo sempre tornare a  casa. In tutto il tempo che stetti seduta sulle scale piansi  tanto.


 Suona  una campanella  e la voce di una suora che   dice. 
=Questa è la campanella del refettorio o vieni o resti al buio 
devo spegnere la luce delle scale=
 Detto fatto. 
Mi alzai e la seguì tenendo sempre stretto a me il mio  piccolo bagaglio, lui,  era la speranza che mi avrebbe riportata a casa.

 Entrai in refettorio  era grandissimo,   c'erano tante ragazze, mi fu assegnato un posto. Ma che vuoi mangiare ero disperata e piangevo, piangevo.   Dopo cena suonò di nuovo la campanella.  La suora mi assegnò anche nella fila un posto.
salimmo in camerata.

 Mi sentivo strana, vedevo bui e lunghi corridoi, scale brutte il tragitto dal refettorio alla camerata si faceva pregando. Arrivate in camerata  si andava nel bagno  e si pregava  e  poi a letto.
.
La suora di turno passeggiava tra le camerate e guai a chi parlava. (odio la parola silenzio) 
 Tutto era silenzio, tutto era  strano, tutto era grande e buio.  Anche qui mi fu dato un lettino che sarebbe stato il mio,  tutto era segnato qui dentro. 

Quella prima notte non mi spogliai, stringevo sempre a me  il mio piccolo  bagaglio, la mia speranza.   Mi addormentai sfinita  dal pianto.  Qualche ragazza sentendomi piangere mi disse...
=Tutte abbiamo pianto ma poi ci si abitua e si aspettano 
le vacanze per andare a casa=

 La mattina fui svegliata da una campanella che suonava in continuazione.
La suora passava tra i letti suonando e strillando..
=Ragazze,  sveglia, buongiorno=
 fermandosi ad ogni letto   e tirando via  le coperte.

 Misi  a fuoco dove mi trovavo e iniziai  di nuovo a piangere,   piansi ancor di più quando mi accorsi che non c'era più il mio piccolo bagaglio   con la mia biancheria personale. 
Una  ragazza mi spiegò che l'aveva preso la suora per portarlo nel guardaroba
 Sul comodino trovai solo una mutandina, saponetta e un  asciugamano.

 Tartaglione, si chiamava la ragazza che mi stava  parlando, 
aveva il suo lettino accanto al mio.  Tartaglione mi aiutò  a fare il lettino e mi spiegava come  farlo, lei mi avrebbe aiutato per solo tre giorni e che dopo dovevo fare tutto da sola.
 Dopo che hai rifatto il  letto, devi correre nel bagno per lavarti portando  con te  l'asciugamano, la saponetta, la mutandina pulita e lavare la sporca. 
Dopo aver rifatto il letto, insieme a Tartaglione  entrai nel bagno  Era uno stanzone enorme tipo i bagni degli autogril. 
 Non avevo mai visto un  bagno così grande con  tanti lavandini e  tante ragazze 
 che si lavavano parlando e giocando tra loro con gli spruzzi dell'acqua 

Tartaglione continuava a spiegarmi quello che dovevo fare  e farlo veloce, dalla sveglia alla messa abbiamo solo mezz'ora.
  Tra il vociare delle ragazze, le spiegazioni di Tartaglione non trovavo di meglio da fare che piangere.
 Una ragazza passandomi accanto mi fa...
 =smettila di piangere sei una lagna=
 chi scoppiò a ridere, qualcuna passando mi accarezzò, alcune mi facevano il verso del pianto e certe passavano senza neppure vedermi. 
Non avevo mai visto tante ragazze  e di tutte l'età.

 Nella camerata c'erano quattro bagni  due per ogni camerata 
a seconda in quale camerata si dormiva  quello si doveva  usare.
Tartaglione mi diceva troppe cose  e tutte insieme. 
Dopo mezz'ora dalla sveglia ci fu la chiamata di metterci in fila
La fila andava a gradazione di altezza,  io ero ai primi posti.
Avevo 4 anni.

  Entrammo nella cappella anche qui  mi  fu assegnato un posto.
 La messa  all'epoca   si diceva  in latino. Dove mi trovavo?
Dopo la messa sempre in fila si andava  a refettorio.

 Prima di  sederci a fare colazione la suora suonò una campanella
 a quel suono come per  incanto  ogni rumore cessò e ad alta voce si diceva la  preghiera, finita la preghiera non ci si poteva ancora sedere
 si doveva aspettare sempre  il suono  della campanella 
Allora ci si alzava da tavola quando la suora risuonava la campanella,
 di nuovo silenzio, preghiera di  ringraziamento, di nuovo campanella e solo allora ci si poteva muovere ma sempre in silenzio.
 Dopo si ricomponeva la fila e come pecore silenziose si saliva al piano di sopra dove un  lunghissimo corridoio   portava alle scuole ai laboratori e alle camere delle suore. Per me era tutto nuovo e grande. 
La grandezza di questi  luoghi mi faceva paura.

 La prima mattina non andai all'asilo.
 Una suora mi accompagnò in un grande stanzone, che era  il guardaroba, mi consegnò ad un'altra suora, addetta a questo settore.
 La suora guardarobiera era vecchissima, sedeva  vicino ad un tavolo enorme e  cuciva. La suora accompagnatrice era suor Eugenia quella che curava le piccole dopo la scuola, mi lasciò con queste parole "Adesso la sorella  madre  provvederà a darti calzini, scarpe e divisa non aver paura". Mi accarezzò e mi sorrise, era la prima parola buona che avevo sentito da quando avevo varcato quel portone,  che si era chiuso dietro di me per sempre.
Uscì dal guardaroba con le braccia cariche  di biancheria e piangevo
La suora per misurarmi la biancheria   mi fece spogliare nuda.
Anche di questo  ne porto il segno..mi vergognai tanto... che per me mettermi in costume è difficile. Ho semplicemente vergogna.

Tra le mie braccia portavo capi di biancheria , con questo carico ritornai 
 da suor  Eugenia  la quale sorridendomi mi disse adesso ricamiamo il tuo numero su ogni capo di biancheria che da questo momento sarà tuo. Il tuo i numero è 86.
 86, fu il mio numero e lo è stato dai 4 ai 15 anni.


In questo inferno posso dire che ho trovato la strada del paradiso ma il percorso è stato lungo, doloroso e altre cose..
In questo mattatoio di piccole anime. la mia non volle morire.


Cara Nina, non esiste un approdo sicuro, di sicuro  c'è solo il nostro respiro  che riempie l'aria e ci dice che siamo  ancora vive e dobbiamo schiuderci alla vita come un fiore e poi tutto accade...


Ciao Nina.Il blog è anche questo aprirsi schiettamente.

8 commenti:

  1. Questo lungo post cara Rosy dimostra quanto amore accumuliamo nel nostro cuore e la facciamo vedere solo nelle circostanze necessarie.
    Buon fine settimana cara amica.
    Tomaso

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  2. Ho avuto anch'io l'esperienza del collegio. Molto simile nelle regole, ma molto più breve e non per abbandono.

    Sei diventata una grande persona! Tanto dolore=Tanta umanità che prende forma nelle persone buone.

    Un forte abbraccio Rosy

    Nou

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  3. CIAO ROSY.
    Mi sono commossa per questo tuo post. Anche se conosco tutto il percorso della tua vita .
    Per non parlare quello del colleggio. Te lo sempre detto che sei una gran bella persona .
    Da te ho imparato tanto... Grazie . Un bacio ...La tua amica e cognatina Lina .

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  4. Cara Rosy
    vorrei esprimerti tutta la partecipazione che ciò che hai generosamente raccontato mi provoca... Vedo quella bambina così piccola catapultata in un universo troppo grande , incomprensibile e assurdo, spietato.
    Che grande anima dovevi avere già a quattro anni per non farti annichilire da tanto assurdo rigore, dalla solitudine, dal senso di abbandono!
    Anch'io ho avuto un'infanzia non facile, e anch'io pur trovandomi in una famiglia molto numerosa, ho sperimentato tanti momenti di solitudine in cui i grandi litigavano tra loro e non si accorgevano di me... E mi ricordo che quando in casa si "rappresentavano" le tragedie greche, io uscivo di casa camminando per strada con la vista appannata dalle lacrime e mi sentivo sperduta, inadeguata e infelice... Anche se al confronto la tua esperienza è stata ben più dura, so di cosa parli.
    Ed eccoci qua: sicuramente, forti, con un po' di saggezza e un po' di follia per godere delle cose belle e con la voglia di condividere!
    Ancora grazie: ripensare alla strada che abbiamo percorso aiuta ad andare avanti, anche nei momenti in cui si va in salita...
    Ti abbraccio stretta
    Nina

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  5. Rosy
    ho letto quanto mi hai scritto...
    grazie, lo tengo dentro di me come un dono di amicizia prezioso da parte di una donna speciale!
    A presto cara amica
    Nina

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  6. Nina, mentre leggevo il tuo commento nelle tue parole ho colto un qualcosa che mi apparteneva e ho preferito rispondere al tuo commento in privato.
    Ancora una volta mi son resa conto che questa vita è ripetitiva sia nel dolore che nella gioia.

    Ciao bacio e buon fine settimana.

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  7. Ciao Rosy,trovo sempre bello il tuo modo di raccontarti,con la serenità di chi può guardare indietro,sapendo di aver fatto un lungo camino,ineriore,senza perdersi,senza perdere la speranza e la fiducia in se stessi.T8i lascio un abbraccio,per ora.Tornerò presto ad impadronirmi del mio tempo e delle mie ebitudini,anche quella di passare a salutare tutti gli amici bloggers.

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  8. Chicchina cara, lo so che mi capisci..ci conosciamo da cosi tanto tempo.
    Un cammino interiore lungo è sofferto, ma il cielo mi ha aiutato è molto!
    Ritorna presto alle tue abitudini che quando manchi si sente la tua mancanza.
    Ti abbraccio e spero di leggerti presto. Ciao.

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