La canapa normalmente cresceva rigogliosa e spesso superava i tre metri. A fine luglio, inizio agosto, con una falce particolare, i lunghi steli della canapa venivano tagliati e posati a terra per l'essicazione delle foglie.
In questo periodo il collegio ci dava le vacanze estive. Nel cortile della nonna in estate era una cascata di colori, quelli della terra dal pomodoro, ai fagioli, al grano e tante altre cose. All'epoca si raccoglieva e si lavorava anche la canapa. Mi piaceva il rito di questo lavoro della canapa tutto esclusivamente femminile.Il cortile veniva pulito bene bene e si faceva spazio alle macennule che erano tutte di legno
(Nell'immagine il Museo contadino di San Nicola la strada. La macennula).
con un grosso manico che serviva per la battitura. Le macennule si mettevano in fila con accanto fasci di canapa. Ogni donna si metteva accanto alla sua, tutte si legavano un grosso fazzoletto in testa e quando erano pronte in coro strillavano uno, due e tre via... Quel rumore della canapa che veniva battuta faceva ta,ta, tatata in tutte le strade del paese era lo stesso suono. Le donne facevano a gara a chi faceva più fasci. I nonni provvedevano ai nipotini e noi grandicelli non potevamo avvicinarci alle macennule perchè i canucci saltavano in alto e potevano anche colpire gli occhi ed erano pericolosi. ( i cannucci sono il rivestimento legnoso che avvolge la canapa) Mentre le donne lavoravano cantavano a squarciagola stornelli anche piccanti, che all'epoca non capivo. In tutto questo c'erano anche i neonati, ogni tanto si sentiva il pianto di un neonato, che attirava l'attenzione delle donne che smettevano di colpo di lavorare.
Ogni mamma riconosceva il pianto del suo bambino e correva subito verso di lui e la scena che il mio cervello fotografava era bellissima.
La donna tutta sudata correva sorridendo verso il suo bambino slegandosi dalla testa il grande fazzoletto con il quale, si asciugava il sudore, quasi a voler essere pulita per il suo bambino, lasciava il fazzoletto intorno al collo e con un bel sorriso apriva le braccia al bambino se lo stringeva al seno e sussurrava "bell e mamma u picciril e mamma tene fam e mamma ti da a mangià" mentre parlava si sbottonava la camicetta, appariva un grosso seno, le manine del bambino si aggrappavano a quel seno mentre la boccuccia cercava il capezzolo, la mamma l' aiutava e finalmente il pianto del bambino si fermava Con la mano libera la donna accarezzava la fronte del bambino mani dure, grosse e non curate ma in quel momento diventavano leggere come piume Osservavo le piccole labbra del bambino
piccoline piccoline, all'inizio erano voraci, poi il bambino si addormentava e la mamma lo solleticava sforandogli le labbra o accarezzandolo dietro alle orecchie per svegliarlo e il bambino riprendeva a succhiare Sulle labbra della mamma un dolce e velato sorriso captavo e mentre, con gli occhi scrutava il volto del suo bambino lo accarezzava dolcemente (chi sa cosa pensava in quel momento, avrei voluto essere in quella mente) Ai lati della boccuccia del bambino un rivolo di latte scendeva, ricordo che lo guardavo e pensavo (che strano colore che ha questo latte non è come quello che beviamo noi grandi).La poppata terminava, la mamma dopo aver accarezzato per l'ennesima volta il suo bambino lo affidava alle braccia della nonna
e diceva fa u brav a mamma che mamma addà faticà Se ne andava lei e un altro bambino iniziava a piangere, un'altra mamma correva, la scena era sempre la stessa e pensai all'epoca, ma le mamme dicono tutte le stesse parole? Quando diventai mamma mi accorsi che anche io dicevo le stesse cose ai miei figli,li guardavo, li scrutavo memorizzavo ogni piccola piega del loro visino e solo allora capi che la stessa cosa facevano anche le mamme del mio paese. Già, ci sono donne intelligenti,preparate ma il ruolo di mamma e uguale per tutte le donne.
Il lavoro della canapa durava molti giorni e tutta la giornata non si mangiava...verso le 5 di pomeriggio si smetteva, le donne contavano il loro lavoro mettevano a posto i fasci di canapa lavorata, pulivano le macennule si radunavano i cannucci, che si conservano nei sacchi e si sarebbero usati d'inverno per accendere il camino, si puliva il cortile Dopo con cavalletti e tavole si preparava un lungo tavolo sul quale si metteva tutto quello che le nonne avevano cucinato nella giornata, gli uomini scendevano in cantina prendevano il vino e su questo enorme tavolo c'era di tutto e si divideva tutto da buon fratelli, anche chi non portava nulla non era un problema, i grandi sapevano chi poteva e chi no e cucinavano anche per loro. Si mangiava in allegria fino ad arrivare a cantare e c'era sempre qualcuno che sapeva suonare la fisarmonica. Poi tutti a nanna che la mattina dopo si ricominciava.Io mi alzavo presto e correvo da nonna e li restavo tutta la giornata a gustarmi il meraviglioso teatro della vita, un teatro senza quinte tutto era allo scoperto e non c'erano prove, era vita reale e in diretta Sono fiera di aver conosciuto e di essere cresciuta tra gente genuina.L'ultimo giorno di lavoro si faceva una grande festa che durava tutta la notte tra suoni tarantelle e canti e salario da ritirare il cortile scoppiettava di gioia (Se non sbaglio l'ultimo giorno offriva tutto il capo, ma non ne sono sicura)
Tu Donna
che stringi tra le braccia il tuo bambino
non aver paura del suo pianto,
guai se quel pianto di bambino si fermasse
di colpo si fermerebbe la vita
Tu contadino che lavori la terra
e raccogli i frutti da te seminati
sii felice
guai se tu non lo facessi
tutto si fermerebbe
Il pianto di un bambino
il raccolto di un contadino
questa è la continuità.
Scritta nel 68
quando diventai mamma.
Cara Rosy, il video finale di Beppe Grillo è il sigillo rosso da applicare a questo tuo post scritto, rigorosamente a mano e con la penna d'oca, su una grandissima
RispondiEliminapergamena.
Perché le nuove generazioni sappiano.
Carissima Rosy che post! sono immerso su quanto hai scritto.
RispondiEliminaLe nuove generazioni ignorano tantissime cose, forse la scuola dovrebbe occuparsi anche di questo.
Vedo che ti prepari per andare su quell'isola del paradiso, dico paradiso perchè l'isola D'Elba ha dei posti che di sicuro assomigliano al paradiso.
Lo so che li forse avrai l'occasione di vedere la cara Paola, se avrai l'occasione di incontrarla, me la saluti tanto.
Un abbraccio augurandoti un buon viaggio.
Tomaso
Bello questo tuo post che ricorda antichi mestieri dimenticati. Per fortuna ora ci sono le macchine (ma solo per la fatica, il contatto umano quello non si può sotituire).
RispondiEliminaPerò quanta nostalgia mi fai venire dei ricordi che sento spesso snocciolare da mia madre.
Brava come sempre Rosaria.
Ti abbraccio e ti auguro un buon viaggio verso la mia amata isola.
Rosalba
Grazie amici dei vostri bellissimi commenti
RispondiEliminaAldo addirittura una pergamena, semmai di canapa.
ciao aldo ci sentiamo per i saluti
tomaso sei eccezzionele ciao
Rosalba con te ci sentiremo e ci incontreremo.
Adesso chiudo e passo
Arri-sentirci dalla Sardegna
chiavetta internet permettendo
Baci a tutti
adesso vi devo lasciare
Ciao Rosy, non sapevo se ci fossi ancora, sono passata e leggo che vai via, allora ti auguro delle bellissime vacanze, visto il posto meraviglioso che visiterai, lo saranno:-)
RispondiEliminaIl tuo post è molto interessante, ero completamente a digiuno per quanto riguarda la canapa, diciamo che ho fatto (da ragazzina) qualche nottata per i pomodori, una festa e poi ho visto in Puglia nel cortile di una casa, la lavorazione del tabacco..Penso che un pò i riti si somiglino, nella gioia e condivisione, nonostante la fatica..tenera la poesia e le foto delicate:-) Un bacio ed a risentirci al ritorno:-)o nipotino permettendo (vuol toccare il pc.) dal mare..
Mio Dio che bel post...ho le lacrime agli occhi..I neonati amati, le mamme, Donne-Signore, lavoratrici cantanti,e il sudore...conseguenza sublime della meravigliosa riconoscenza alla vita e alla terra...grazie per le emozioni che mi hai trasmesso e per i bei ricordi che hai voluto condividere...
RispondiEliminaDa casertano mi preme aggiungere delle note di pregio sulla canapa tessile, ma anche un gran dispiacere nel dover conservare nella memoria un vanto agricolo della Terra di Lavoro, il nome e motto della provincia di Caserta.
RispondiEliminaRicordo gli insegnamenti scolastici di agraria dell'Istituto Geometri di Caserta quando si studiava la cosiddetta "rotazione agraria" che, proprio nelle campagne di Caserta, e particolarmente nella zona di S. Nicola La Strada (di Rosaria), si praticava. Ma per spiegare di che si tratta ne parlo in relazione alla canapa tessile qui a commento.
I pregi agronomici della canapa tessile erano ben conosciuti dai contadini casertani che la utilizzavano per tenere sotto controllo le erbe infestanti. Dello stesso parere sono oggi i più accreditati esperti della fertilità del suolo: "..la canapa deve essere considerata una coltura da avvicendamento di grande interesse per le sue rese (ove vengano utilizzate varietà ad alta resa come quelle italiane) e per il potere rinettante che, consentendo di evitare l'uso massiccio di 'fumigazioni' o altre tecniche di disinfestazione, riduce il costo delle coltivazioni che con essa vengono avvicendate..". Di qui la comprensione della "rotazione" che prevedeva l'avvicendamento di tre culture, di cui due di grande sfruttamento del terreno ed il terzo di riposo e contemporaneamente di arricchimento del suolo di elementi azotati. Le due culture dei primi anni erano la canapa e il tabacco cui si avvicendava la lupinella e il trifoglio. Occorre sottolineare che il suono della Terra di Lavoro è di una fertilità eccezionale.
In quest'epoca, dello spauracchio del drammatico impoverimento dei suoli (la cosiddetta "desertificazione”) che ormai interessa la maggior parte delle aree del nostro paese, viene da auspicare un urgente procedere al recupero graduale dei terreni degradati dalla monocoltura.
A pensare che per secoli l'Italia – con le produzioni del Piemonte, dell'Emilia Romagna, delle Marche e della Campania in prima fila – è stata la maggior produttrice di canapa, e ancora nel primo '900, insieme alla Russia, forniva l'80% del mercato e nel '52 aveva ancora il primato dell'esportazione. I tessuti da noi prodotti erano considerati i migliori. Poi altre culture meno onerose per l'impiego della mano d'opera e più meccanizzate hanno decretato la fine della produzione della canapa tessile. Ma oggi è particolarmente una legge che ostacola la rinascita di questa cultura, la legge antidroga Jervolino-Vassalli perché purtroppo la canapa può servire anche come droga, nota come "Cannabis indica" con proprietà psicoattive e l'altra tessile, la "Canapa sativa" da fibra.
Il problema sta nella difficoltà degli organismi di controllo di distinguere morfologicamente le due varietà. L'applicazione della normativa antidroga, oltre all'enorme danno economico fatto subire al settore agricolo per non aver fruito dei fondi CEE, ha anche scoraggiato la ricerca che in varie Università italiane stava dando buoni risultati con la selezione delle varietà di canapa denominate Electa Campana, Super Fibra e Fibranova. Il rispetto delle normative vigenti però ha costretto a cedere i semi ai più lungimiranti francesi i quali avrebbero individuato un gene inibitore del principio attivo THC. E così che la maggior parte delle varietà italiane dei semi di canapa si sarebbero perse per sempre con danni incalcolabili al nostro patrimonio genetico. Per più di un decennio i francesi sono stati gli unici produttori di canapa in Europa gestendo, a proprio uso e consumo, tutta la politica comunitaria dei sussidi.
Comunque c'è speranza che qualcosa avvenga in Italia per rimettere in piedi la produzione della canapa tessile.
Buon viaggio, Rosaria
Gaetano
Rosaria, leggo velocemente solo adesso. Blogger non mi aveva dato l'aggiornamento del post!!!
RispondiEliminaRileggerò tutto con la dovuta attenzione. Ci sentiremo quindi per un commento più approfondito.
Fai buon viaggio...ma sai che ci sentiremo comunque.
bacioni
Ciao Rosy.
RispondiEliminala mia nonna (1900/1996) mi raccontava dell "marcite" per la canapa e della sua lavorazione.
Ai suoi tempi lei legava l'ultimo nato ad una sedia rovesciata, tutto bello infagottato nelle fascie e sistemato sotto l'ombra di un albero...e via in campagna a lavorare!
Quando ero piccola ricordo che non lontano da casa mia c'era un fabbricante di corde: ero affascinata dalla manualità dei lavoranti.
Tutto scomparso.
Buone vacanze!!!
...tutto bello infagottato nelle FASCE e non fascIe!!!
RispondiEliminaUltimamente con le I faccio dei gran pasticci: chiederò ripetizioni ai miei ex alunni :O))
Ciao Rosy, nella mia Isola, come la chiami tu, si coltivava la canapa perché nell'ottocento c'era una fabbrica che produceva carta che era di proprietà della famiglia Doria..poi con l'avvento dell'industrializzazione è andata in rovina perché non si è adeguata. Oggi rimangono solo le rovine e il toponimo del luogo papeira dal francese papier.
RispondiEliminaUn abbraccio. Roberta