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domenica 1 marzo 2009

Il dolore


Il dolore
La vita è un cammino affascinante che merita d'essere vissuto in qualsiasi suo momento, anche il dolore ha la sua bellezza basta che lasciamo dietro alle spalle la paura ed imparare ad essere il proprio dolore, senza giudicarlo ingiusto.
Il dolore è come una medicina amara che guarisce dalle false illusioni e ci apre confini diversi ma solo se accettiamo di viverlo con coraggio
Il dolore ci trasforma e da un senso alla vita se lo prendiamo come insegnamento e non come un'ingiustizia o ferita, come al solito dipende da noi.
Il pensiero razionale che tutto misura e confronta non comprenderà mai il lato positivo del dolore, solo la mente sacra ci comprenderà e per dar voce a lei ho camminato in compagnia di me stessa, per comprendere non solo me ma anche gli altri.
Man mano che un albero diventa più alto, la visione che le sue fronde hanno del paesaggio cambia, perché non dovremmo cambiare anche noi e incontrare una diversa visione della vita, man man che cresciamo?
Dovremmo imparare ad aprirci un varco tra i pensieri della fredda logica del cervello, uscire fuori per trovare spazi che ci consentono di esseri liberi e tranquilli.
Attraverso il dolore si scopre la saggezza, impariamo a rapportarci con gli altri a comprenderli ad amarli.
Questo è quello che il dolore mi ha regalato, di fronte a lui mi inchino e gli dico...
Grazie, perchè mi hai fatto scoprire il lato bello e buono della vita, ma cosa più importante...hai dato un senso alla mia vita.

@@@@@@
Pensiero..dal mio vecchio e caro diario.
Nel mio pensiero c'è un varco
che mi porta al nulla...
in questo nulla
la mia anima si estende all'infinito
in questo infinito
ho l'impressione di incontrare Dio
e di parlare con Lui.

26 commenti:

  1. Il dolore può rivelarsi davvero brutto quando viene vissuto male, grazie per i tuoi consigli....e auguro a tutti i lettori di questo blog di non incontrarlo mai...

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  2. Proprio così Rosy cara: il dolore ci fa diventare grandi, ci rende più buoni se viene accettato e vissuto nel giusto modo; aiuta a capire meglio gli altri, ad amarli di più e, secondo me , è essenziale non prenderlo mai come un'ingiustizia divina...un pensiero molto profondo il tuo e mi ha fatto molto piacere leggerlo in questo momento.
    Un bacione e buon inizio di settimana.

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  3. Condivido. Il dolore è insito nell'esistenza umana. Si viene al mondo con il dolore del parto, ma è un dolore che dà la vita.

    Certamente il dolore deve essere gestito con consapevolezza e coraggio...
    Questo lato, purtroppo, è carente perché il dolore viene subito piuttosto che accettato e lasciato decantare.

    Buon inizio di settimana, Rosy.

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  4. Caro blessing, il dolore è sempre brutto e non si augura a nessuno, i miei non sono consigli ho scritto semplicemente quello che il dolore ha dato a me...il cammino per trovare la serenità è stato lungo e non facile...
    le prove da superare sono state tante, tantissime.
    Buona settimana

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  5. Annarita buongiorno, è stato bello trovarti sul mio blog.

    Si viene al mondo con dolore e si cammina nel mondo con dolore.

    Non è facile accettarlo, e ne arrendersi a lui, ma l'unico modo per sconfiggerlo e fartelo amico,ogni rovescio ha la sua medaglia e anche il dolore ha il suo.

    Buona settimana anche a te.

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  6. Paola, il dolore bisogna viverlo appieno,mai sfuggirlo, analizzarlo e capire cosa ci sta chiedendo la vita attraverso lui.
    Ho passato metà della mia vita a pormi domande, senza risposte.
    Solo col tempo ho imparato che sfuggirlo era inutile, cosi imparai a trattenermi con lui e con lui varcai nuovi confini che diedero al mio cuore altrettanto nuovi orizzonti e in questi nuovi orizonti, trovai un mare di pace..
    Buona Settimana cara Paola.

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  7. Il dolore è un'opportunità che abbiamo per diventare migliori: più comprensivi, più disposti ad accogliere, più consapevoli di ogni gesto che riceviamo... ma non sempre la cogliamo!

    Bellissimo post.

    Buongiorno cara Rosy!

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  8. kaiske, per superare il mio dolore, mi tuffai nella lettura, quasi a pretendere da lei una risposta che non veniva, cosi pensavo...invece i tanti libri letti seminarono nella mia anima tanti semi diversi che diedero la loro fioritura, quando meno me l'aspttavo...in questa fioitura trovai il giusto equilibrio, cosi, imparai ad accettare il bene e il male, da queste due fonti noi tutti impariamo a vivere..

    Buon inizio di settimana anche a te.

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  9. Il dolore si appropria di noi attraverso diverse forme: il dolore fisico ( con la malattia del corpo) il dolore psichico
    ( non meno devastante) .
    Allora dobbiamo raccogliere tutte le nostre energie e affrontarlo e viverlo e sentirlo e farci attraversare, ma non sconfiggere. Molti non riescono a sopportare la sofferenza e pare a volte di esserne annientati. Per questo dobbiamo fortificare il nostro carattere , forgiare la nostra indole. Esserci sempre nella vita totalmente. Ciò che ho descritto sei tu Rosy ed io ringrazio questo strano strumento per avermi fatto incontrare se pur separata e diversa, una persona come te.

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  10. Cara Antonella,abbraccio queste tue parole, come una madre abbraccia suo figlio al petto... questo, è per dirti che abbraccio te e la tua essenza, che attraverso i tuoi scritti è arrivata a me.
    L'empatia, non conosce ostacoli nè frontiere e nè kilometri

    L'empatia, è un frutto dolcissimo e quando nasce tra due persone, disseta e da forma ad ogni parola, sopratutto a quelle che non diciamo

    Grazie, per come mi vedi, è difficile raccogliere un anima, per farlo veramente e dolcemente ci vogliono bravi "giardinieri" e tu sei bravissima.

    Buona Settimana Antonella.
    Bacio la tua decisione e spero che la dolezza di questo bacio ti faccia cambiare idea...

    capisci a me!

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  11. "Il dolore è come una medicina amara che guarisce dalle false illusioni e ci apre confini diversi ma solo se accettiamo di viverlo con coraggio"
    Per me è essenzialmente questo

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  12. Caro angelo azzurro,la sofferenza tempra, rafforza, sviluppa le nostre capacità, la nostra resistenza e ci distoglie dai falsi attaccamenti e dai falsi valori e ci costringe a rientrare in noi stessi

    Ho fatto una scoperta, che ad ogni "livello emotivo che soffre...un altro nostro livello emotivo si espande e goisce"!

    Una carezza alle cose, che non hai detto...

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  13. Rosy la sofferenza tempra...certamente... Al dolore non si può sfuggire purtroppo...Ma il dolore non sempre è sopportabile : dipende dai nostri stati d'animo e quando si è bambini è dura...

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  14. Si cara stella la sofferenza dei bambini è dura... lo so..ma e ancora più duro quando crescendo, si capisce che il disagio che si provava da piccole, col tempo è diventa dolore.

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  15. Vedi cara Rosy tante volte arrivo in ritardo per leggere i tuoi post mi dispiace, per ovvie ragioni non sempre faccio a tempo a fare commenti.
    Ciao carissima, un forte abbraccio!!!

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  16. Il dolore purtroppo prima o poi tocca tutti... mi associo ai commenti degli altri, sono giovane, ma il dolore purtroppo si è manifestato anche nella mia famiglia ed io ho sofferto e ne soffro ancora... forse bisogna accettarlo, ma non è vero che rende più forti, o migliori... lui ti tocca, e profondamente... ti cambia!
    Un abbraccio dolce Rosy... a presto!

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  17. Tranquillo Tomasino che arrivi sempre al momento giusto.
    Ti abbraccio. ciao.

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  18. Sabrina, a me il dolore mi ha dato tanta forza, forse dipende dai dolori che si soffrono, ma ti assicuro che i miei sono stati assai brutti.

    Ho conosciuto l'abbandono, sotto tutti i punti di vista.
    Quello che più mi faceva soffrire non era la mia sofferenza, ma vedere che chi mi doveva amare e proteggere nell'ètà più delicata non mi era accanto, soffrivo per me e per loro che non capivano il male che stavano facendo a me e a loro
    Sono stata quasi abbandonata, in collegio dai 4 ai 15 anni, mai dimenticherò il giorno che varcai quell'enorme portone mi senti prigioniera, cosi decisi di fare guerra alle suore, una guerra che mi costò cara, nel senso che tra castighi e botte andavo avanti.

    Non ho mai capito cosa vuol dire una famiglia, non ho mai raccolto un sorriso da nessuno, crescevo come una ribelle,abbandonata a me stessa... in tutta questa storia che è solo l'inizio delle mie sofferenze, il mio povero e piccolo cuore venne devastato.

    Verso i sedici anni mi buttai nella lettura, leggevo, leggevo leggevo, per non vedere e ne pensare al mondo che mi girava intorno.

    Non ricordo quanti libri ho letto, so soltanto che attraverso la lettura il mio animo cominciava a respirare in modo diverso...

    Un respiro che diede ossigeno ai miei dolori e piano, piano, capi una cosa, che se esiste la luce e perchè esiste il buio e se esite il male,doveva per forza esistere il bene, e io aspiravo al bene...cosi decisi di seguire la seconda strada. Anche questa fu una ribellione, ma una ribellione buona non potevo e nè dovevo continuare a camminare in certe situazioni, dovevo copovolgere la mia vita per darle un senso, che fosse migliore.

    A me il dolore mi ha assotigliato l'anima, ma non me l'ha spezzata, anzi, in questa sottigliezza è diventata più trasparente e leggibile, come dire si è estesa

    I miei dolori, non sono belli da raccontare, ma ti posso assicurare che le ferite che mi hanno lasciato ancora chiedono giustizia...visto che nessuna giustizia umana è stata capace di farlo.. decisi di farmi giustizia da sola, ma quella buona, quella umile, quella dolce quella umana...

    Un bacio fatina

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  19. rosy, ho appena letto il tuo ultimo commento e ne sono rimasta colpita.
    Anch'io ho sofferto dolori profondi e devastanti anche se diversi dal tuo e ne sono uscita scegliendo di farlo. Ma le ferite dell'anima ci sono tutte a ricordarmeli. Fanno parte della mia pelle.

    Naturalmente ognuno di noi vive il dolore in maniera diversa. Un dolore piccolo per uno, può essere un dolore insormontabile per un altro. Dipende dalla nostra capacità personale di viverlo.

    Non significa essere più bravi di altri, è una questione strutturale...biologica oserei dire.

    Sei stata in gamba...

    annarita

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  20. Annarita, hai ragione a dire che i dolori sono la nostra seconda pelle, loro non se ne se ne vanno mai
    Non lo so se essere tanto forti è scritto nel nostro DNA, ma l'anima non ha nessun DNA e diventa difficile guarire le sue ferite.
    anche tu vedo che sei stata brava.
    Buona serata, Annarita.

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  21. Eh, rosy! L'anima è qualcosa di difficile e complesso su cui discutere!
    Ci sono pareri e punti di vista discordanti.

    Io non la separerei dal corpo. Se essa alberga in un determinato corpo e non in un altro avrà una connessione irrinunciabile con esso...e ogni organismo è un immane cocktail di DNA.

    Riporto il pensiero di Aristotele al riguardo:

    "[...] Noi chiamiamo un certo genere di esseri sostanza, e diciamo sostanza in un primo senso la materia, la quale di per sé non è qualcosa di determinato; in un secondo la forma e la specie, in virtù della quale precisamente si parla di qualcosa di determinato; e in un terzo senso il composto di queste due. La materia poi è potenza e la forma atto, e l'atto si dice in due sensi: o come la conoscenza, o come l'uso di essa.
    Ora sostanza sembrano essere soprattutto i corpi e tra essi specialmente quelli naturali, giacché questi sono i princìpi di tutti gli altri. Tra i corpi naturali, poi, alcuni possiedono la vita e altri no; chiamiamo vita la capacità di nutrirsi da sé, di crescere e di deperire. Di conseguenza ogni corpo naturale dotato di vita sarà sostanza, e lo sarà precisamente nel senso di sostanza composta. Ma poiché si tratta proprio di un corpo di una determinata specie, e cioé che ha la vita, l'anima non è il corpo, giacché il corpo non è una delle determinazioni di un soggetto, ma piuttosto è esso stesso soggetto e materia. Necessariamente dunque l'anima è sostanza, nel senso che è forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza. Ora tale sostanza è atto, e pertanto l'anima è atto del corpo che s'è detto. Atto, poi, si dice in due sensi, o come la conoscenza o come l'esercizio di essa, ed è chiaro che l'anima è atto nel senso in cui lo è la conoscenza. Infatti l'esistenza sia del sonno che della veglia implica quella dell'anima. Ora la veglia è analoga all'uso della conoscenza, mentre il sonno al suo possesso e non all'uso, e primo nell'ordine del divenire rispetto al medesimo individuo è il possesso della conoscenza. Perciò l'anima è l'atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza [...]".

    (da Aristotele, L'Anima, B1, 412 a 6-29, trad. it. di G. Moravia, Rusconi, Milano 1996)

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  22. "l'anima è l'atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza [...]".

    Se non ho capito male, questo significa ..che la vita in potenza, ha come primo atto l'anima e con la quale, noi possiamo sentire avvertire gioie, dolori, emozioni

    quindi, Anima e corpo si fondano, dando origine a quello che siamo o che diventeremo?

    La materia senza anima sarebbe solo un composto fine a se stessa e da sola sarebbe incapace di ogni pensiero.



    l'anima e la materia separandole sarebbe il nulla...il nulla e basta.

    Basta osservare le cose che ci circondano, alberi, erba montagne, anche se fanno parte del disegno della vita, ma loro sono composte di solo materia.


    ecco perchè hai detto che certe cose sono biologiche
    perchè l'anima e la parte principale e trainante della nostra materia

    Ho capito bene?

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  23. Hai compreso perfettamente, rosy! Secondo Aristotele, l'anima è l'atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza. Ovvero senza l'anima un corpo avrebbe in sé la vita soltanto "in potenza" senza sostanziarla.

    Direi che, per avere più di 2000anni, il buon vecchio Aristotele è modernissimo!;)

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  24. Annarita, lo credo anche io che Aristotile è modernissimo..

    Forse lo sono tutti i vecchi filosofi...
    Beati loro.

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  25. Rosy sei stata molto forte e sicuramente a te quell'esperienza dolorosa ti ha cambiata, adesso sicuramente, sei una persona magnifica, più attenta rispetto ad altri a determinate situazioni...
    Ti mando un altro abbraccio tesoro... magari un giorno ci incontreremo amica cara, per adesso mi accontento di una bella amicizia virtuale... KISSES...

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  26. Con sorpresa, ho notato che certe "profonde sostanzialità" dei problemi delle donne non sono neanche percepite da esse che sembrano quasi crogiolarsi felici nelle loro "vulnerabilità"...
    Chiacchiere a parte... ho trasmesso questo mio argomentato messaggio/manifesto a varie bloggiste con poco seguito, neanche parlassi di enormità (l'hanno più capito i maschi, che non le donne). Provo anche con te... e prendendo le mosse da mie vicende personali... vorrei dire per tutte NOI donne...

    Sono una donna di 35 anni. Sono avvocato. Lavoro nell’ufficio legale di una multinazionale di cui mi interesso prevalentemente del societario estero perché tra l’altro parlo bene l’inglese (lingua madre). Mi impegno e lavoro molto (raramente lascio l’ufficio prima delle 19): tutte cose che mi son state riconosciute tant’è che m’hanno fatto crescere rapidamente di livello oltrecchè economicamente (anche 2 aumenti di stipendio in un anno). Ora, un'ulteriore crescita richiederebbe che si rendano disponibili delle posizioni più in alto, il che appare al momento molto improbabile dato che in aziende private non si costuma crearne una solo per gratificare qualche dipendente. Inoltre, non sono (fortunatamente) una che ha difficoltà ad attrarre gli uomini, ma non intendo sposarmi perché ritengo l’istituzione matrimonio così com’è oggi, un inutile eccesso di vincoli ed ideologicamente obsoleta; e nemmeno pretendo di “farmi mantenere”, ma ammetto che mi piace (fatalmente) l’idea di avere un bambino, che sento però più come un’esigenza personale, che non come il coronamento di un rapporto affettivo. Ciò detto, mi sono guardata attorno.

    Vado ad un colloquio con una importante azienda. OK, vi faremo sapere. Parlandone poi con un’amica, questa scopre di conoscere uno di quelli con cui ho avuto il colloquio, e si fionda a telefonargli per…. “oscultare”. In breve: la tua amica è proprio OK… ma… peccato che parli bene “solo” l’inglese… eppoi… (grave vulnerabilità)… ha 35 anni… magari diviene incinta, se ne va in maternità e quindi buona notte la secchio… ergo: preferiremmo un uomo… quand’anche meno qualificato… ma ahimè… abbiamo solo candidate donne [sic!]… Ovvero: di quella pregiata risorsa che sono i candidati maschi ce n’è poca, e dobbiamo ahimè arrangiarci con questi ripieghi ( cioè, donne… in età in cui è abbastanza probabile che… “cadano” incinte sul campo).

    Tutto ciò mi ha fatto toccare con mano una realtà socio-biologica che è quella che è, e che impropriamente potrebbe ricondursi ad un semplicistico schema di vittime&colpevoli, ma che nondimeno si ritorce di fatto come assolutamente “iniqua” per quell’ampia fascia di umanità che è il “genere femminile”. E non solo in relazione a quanto ho appena descritto --, che è solo un esempio per prendere le mosse per un discorso che tocca invece una materia ben più ampia e complessa --, ma anche per l’abnormemente ”ingiusta sproporzione” tra oneri e riconoscimenti che si ritrova tra i due generi, maschile e femminile, nel corrente costume sociale; costume sociale, nondimeno ideologicamente fortemente imperniato su presunti criteri meritocratici e di premiante proporzionalità per ruoli ed impegni. “Tutta” la parte “onerosa” di quel fondamentale, inelidibile, processo per la conservazione e sviluppo dell’intera umanità grava infatti “interamente” sul genere femminile: i mille fastidi della lunga gravidanza, la deformazione e strazio del corpo, il dolore, il rischio della vita etc. sono tutti di totale ed esclusiva “gratificazione e vantaggio” delle donne… -- avendo il maschio dell’intera operazione la “sola” parte piacevole… né se mai visto alcun maschio morire di parto. Che succederebbe se per ipotesi, per sfuggire a quegli oneri perché diseguali ed esclusivi, le donne si rifiutasse di farsi mettere incinte?... Ma sfuggire a questo destino, come al colore della pelle, non è possibile: la natura ha provveduto ad infondere nelle donne anche una biologica “esigenza di maternità”, per cui esse stesse sono prone a “volersi sobbarcare” quel maggior onere che rappresenta la maternità, fatalmente schiave e vincolate dalla loro stessa condizione femminile. Tutto ciò, anche in un ottica di semplice coerenza ad uno sbandierato sistema/costume di meriti&premi per impegni, ruoli ed oneri, dovrebbe essere qualcosa che dovrebbe pesare per almeno un “qualcosa-di-più” da riconoscere alle donne per il “molto-di-più” che esse fanno in quello rispetto al maschio, e non come un handycap come in effetti è.

    Agli albori del 21esimo secolo, in una società che viaggia negli spazi, va a curiosare nel big-bang, trapianta cuori e fegati, fa cose mirabolanti con i computer, legge e modifica il DNA, ed ancor più… in un mondo che annovera paesi sedicenti fari “fari-di-civiltà”, -- …come il nostro… che (solo da poco più di un cinquantennio) ha consentito (bontà del “magnanimo” legislatore) che “anche le donne” (questo sottogenere evidentemente “culturalmente” inferiore) potessero votare, e che fosse nominalmente abolito il concetto di patria podestà --, non è certo intempestivo o fuori posto almeno iniziare un dibattito su siffatta problematica. Propongo anzi, il rilancio di un rinnovato movimento di “women lib” imperniato sull’attuazione di “possibili parificazioni” delle realtà socio-biologiche maschile e femminile. Una sorta di “femminismo2”, laddove il “femminismo1” ha rappresentato un già importante passo di equiparazione di diritti delle donne, e che non poteva che prendere le mosse dall’anello più critico e preliminare delle problematiche femminili qual’era appunto il riconoscere parità di comportamenti nella sessualità, al fine cioè che non rappresentassero più stigma per le une e pregevole gallismo per gli altri. Ottenuto almeno in maniera nominale questo risultato, è ora il caso di passare ad una fase adulta di un incompiuto processo di parificazione di opportunità e condizioni tra uomo e donna, o di adeguamenti e compensazioni… -- se non addirittura di battersi per una legittima “disequità” per una volta a vantaggio delle donne, perché contribuiscono disegualmente -, nel senso di “oggettivamente” ben di più del maschio -, allo sviluppo, conservazione e benessere del consorzio umano.

    Ed ecco che già li vedo e li sento i tanti sapienti moralisti in cravatta, e non… i finti riformisti, i progressisti del “purchè-rimanga-lo-statu-quo”, gli amorosamente salmodianti e “infallibili” (fuchi) in vanesio ermellino&porpora… che --, fatta la parata delle “esclusive” sapienze nelle ospitali sedi di comunicazione&persuasione che per un verso o l’altro controllano --, concludono seraficamente con un fatalistico, salvifico e rasserenante “Dio-lo-vuole”. Bene, lasciamo a Dio -, e/o natura (per i laici) -, fare quel che è il suo/loro mestiere; ma per quanto è il mestiere di noi “umani con la testa” che hanno la pretesa di meglio “regolare“ le cose che Dio/natura hanno fatto, di cose da fare anche più semplici dell’investigare il big-bang o di (carfagnescamente) risolvere il problema della prostituzione (quanto tempo sprecato… alle… “pari opportunità”!), ce ne sarebbero da “poter” fare per cominciare a migliorare la situazione nel senso di una più benefica, “equità“ per tutti (ove mai il benessere di una parte fosse visto come un reale benessere di tutti).

    A questo punto, con un paternalistico sorriso di ironica sufficienza, provocatoriamente mi si dirà: e cosa mai si potrebbe fare, per esempio?… ed eccovi tutt’altro che provocatoriamente... delle “reali” proposte… di concreta valenza… (non escluse implicanze di valenza ideologica… aspetto questo molto importante in un paese moralista in cui non si perde mai ogni occasione per guardar-nelle-mutande-della-gente --, vuoi come corrispettivo dell’ 8 per mille o di qualche voto elettorale). Dunque si potrebbe per cominciare…

    1 – introdurre la RID (Routine Infant Defloration) per le bambine neonate… – così come già oggi esiste in molti paesi, America (USA) inclusa, la RIC (Routine Infant Circumcision) per i maschietti; (la “maggior parte” dei neonati americani è infatti circoncisa alla nascita) – al fine di cancellare una volta per tutte quell’offensivo “bollo-di-garanzia” o “sigillo d’uso”, che vale solo per il “corpo delle donne”, e che nella storia dell’umanità e del costume ha rappresentato solo un elemento di discriminazione, di pregiudizio, di superstizione, di incultura, di crimini tollerati, di vendite all’asta e di tutta la peggior iconografia più selvaggia ed incivile... senza che ci sia per l’esistenza e mantenimento di quel sigillo nessunissima utilità fisica o pratica. Già ottenere che anche per le donne, così come è per gli uomini, non si possa più parlare di verginità, se non per effetto di “reali“comportamenti propri e “privati”, sarebbe già questa una svolta di portata epocale dai mille risvolti socio-culturali e pratici. (Per i meno scolarizzati: risparmiatemi il discorso delle mutilazioni femminili che non c’entrano proprio niente, sarebbe infatti (guardatevi l’enciclopedia a dispense) cosa molto meno invasiva della diffusissima circoncisione neonatale maschile pacificamente accettata, ed “addirittura benedetta” da Colui il cui figlio ha poi fondato quel nuovo partito detto cristianesimo, e che pur essendo distinto è comunque “uguale” al Padre). Così poi, come c’è oggi la possibilità di richiedere certificati di battesimo e certificati di circoncisione, ci sarebbe anche la possibilità di poter richiedere un certificato di “deflorazione” medica, a scanso di equivoci. Ma pensate per un momento che impatto socio-culturale si avrebbe, se anche per le donne, come per gli uomini, non si potesse più stabilire se avessero o no mai avuto un rapporto sessuale!

    2. – Introdurre un percorso di sviluppo educativo e formativo per le donne che valga a “compensarne” al meglio le disequità che discendono dalle diversità funzionali fisico-biologiche del maschio e della femina. Deve essere cioè disegnato un percorso formativo che consenta alle donne di poter sovrapporre il periodo degli studi scolastico-universitari con la possibilità di poter diventare madri – indipendentemente dal fatto di essere o no, “mogli”. In questo modo adempierebbero ad una esigenza della società, si scolarizzerebbero, e potrebbero entrare nel mondo del lavoro come i maschi, senza dover subire quel pesante empasse di sviluppo professionale e di carriera per “intervenuta maternità” che (iniquamente) le penalizzerebbe. Last but not least, le donne verrebbero così ad aver anche soddisfatto la biologica “esigenza di maternità”, che per quanto possa sembrare poca cosa e non interessare “taluni”, tocca il benessere psicofisico delle stesse a tutto vantaggio della qualità della loro vita, dei rapporti con gli altri ed in ultima analisi anche della produttività nel mondo del lavoro. E ditemi se questo è poco!

    3. – Con la soluzione prima descritta, a studi conclusi, uomini e donne sarebbero dunque automaticamente “più equivalenti” sul piano delle carriere e sviluppi professionali, essendo per le donne stato enormemente ridotto quel principale motivo di empasse rappresentato dalla maternità (il guaio delle donne… [sic!]). Si minimizza così – per maternità assolta… come in passato per assolto servizio militare per i maschi -- un problema per il potenziale datore di lavoro, così come per le donne, per un’indesiderato blocco in un percorso di sviluppo professionale e di carriera per effetto di sopravvenuta maternità. Anzi, quelle più audaci e determinate potrebbero addirittura farsi sterilizzare e disporre di un apposito certificato di sterilizzazione da trasmettere all’uopo col proprio curriculum nella ricerca di un lavoro, che varrebbe a renderle nominalmente almeno pregiate e utilizzabili al pari del maschio, e senza che per questo debbano aver rinunciato di fornire il loro insostituibile contributo di crescita della società, o discapito al loro benessere psicofisico legato ad un’insoddisfatta biologica esigenza di maternità.

    4. – Introdurre il principio/concetto della “Matria Podestà” in sostituzione, o almeno in “preminente alternativa” a quello della “Patria Podestà”, in virtù dell’inequivocabile fatto che un bambino è un pezzo-del-corpo-della-donna-che-lo-partorisce e che soffre e rischia la vita per quell’operazione: essa pertanto ne acquisisce una preminente naturale titolarità rispetto a qualunque altra di similare valenza. In caso di possibili conflitti col partner maschile circa possibili legittime scelte e decisioni per il destino del piccolo, dovranno essere le scelte e le decisioni della donna quelle dirimenti --, così come è anche nel caso di aborto, dove è giustamente sempre la decisione finale della donna quella che è dirimente.

    A questo punto, o su questi problemi e soluzioni cominciamo a farci un pensiero serio, o smettiamola una volta per tutte di ”infantilmente” lagnarci della crescita zero della società degli italiani doc (che proprio non si risolve col bonus bebè)… -- e lasciandoci quindi fatalmente islamicizzare (ove mai ciò non ci piacesse) dai momentaneamente più prolifici immigrati. Ad ogni buon conto, possibili soluzioni, quand’anche apparentemente “trasgressive” sono dunque delineabili… -- talune persino attuabili già oggi a costo zero, se si volesse (… abbiamo o no un ministero delle… “pari opportunità”?...); e sennò, comunque “più rovinosamente” domani, vedrete!…

    Sono gratuitamente, solo provocatoriamente trasgressive certe idee? O non sono piuttosto "troppo" avanzate, e che turbano solo perché vanno ad infrangere “opportunistici” tabù ? A guardare la storia dell’umanità sembra infatti che la trasgressione non risieda mai nelle idee quanto nella momentanea indisponibilità della cultura corrente a volerle accettare, quand’anche sacrosante. Come ebbi infatti già modo in altra occasione di osservare, in passato avere schiavi era segno di nobiltà e censo, l’aborto era un crimine e le streghe venivano messe sul rogo… oggi, la schiavitù è un crimine, l’aborto un diritto delle donne e le streghe… non sono mai esistite: considerata la portata del ribaltone... più trasgressivi di così non si poteva!... e benedetta trasgressione! ... ah! avessimo trasgredito prima…

    Fiona Petito

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